Ad est di Giava in Indonesia, si erge il Kawah Ljen, uno dei più maestosi vulcani dell’isola.
Un grande lago turchese dalle acque sulfuree riempie l’interno del suo cratere.
Il vulcano è inattivo, ma dalle sue viscere roventi sorge una delle principali miniere di zolfo del paese.
Un fiume giallo dal quale i minatori estraggono con lance di metallo lastre di zolfo in condizioni estreme, immersi per intere giornate in fumi che bruciano i polmoni, la pelle, gli occhi.
Lo zolfo estratto, viene trasportato a spalla dentro ceste di bambù fissate su un bilanciere, dagli stessi minatori che si inerpicano sulle ripide pareti del vulcano fino alla cresta.
Da lì ridiscendono lungo un sentiero di oltre 4 km che porta al campo base, dove il materiale viene pesato e smistato per la vendita.
Tutto questo almeno due volte al giorno, sette giorni su sette e per un salario che permette loro a malapena di sopravvivere.
Ho passato insieme ai minatori un’ intera giornata, dalle prime luci dell’alba, seguendo i loro passi nella polvere.
Qualcuno si è fermato davanti a me.
Uomini con volti di roccia, segnati dal vulcano e dalla fatica.