L'ORTO TORTO

Nella mia necessità di imparare ad usare il linguaggio fotografico in modo cosciente, sia esso rivolto alla realizzazione di una bella foto oppure finalizzato a documentare eventi o raccontare storie, ho maturato questa convinzione: la forza di ciò che si racconta ha una buona percentuale di riuscita anche in relazione alla progettualità. Cosa fotografare, ma soprattutto il perché, sono spesso questioni complesse, ma fondamentali e alla base della riuscita di un racconto.

 

Detto questo, il modo migliore per raccontare una storia e farlo al meglio, è approfondire un tema spingendo il proprio modo di fotografare al di fuori della nostra soglia di comodità.

 

Una sera Giulia, l’operatrice dell’orto, mi parlava di questo progetto ed io le ho chiesto se potevo passare un po’ di tempo con loro per raccontare fotograficamente questa realtà.

Ho iniziato quindi a frequentare l’Orto Torto e a scattare foto senza sapere se il mio passaggio sarebbe durato un’ora o un anno, ma nonostante questa mia incertezza fin da subito ho avvertito la sensazione, poi diventata consapevolezza, di trovarmi in un posto dove si fa un lavoro eccezionale, un ambiente che piano piano ha iniziato a rubarmi i pensieri. 

 

Sono andato e vado ancora all’ Orto anche solo per esserci, spesso senza scattare neanche una foto. Ho imparato così a conoscere meglio l’ambiente, le persone che passano da lì, i loro caratteri e le loro storie. 

 

Essere presente con umiltà, parlare, nei momenti di lavoro o in quelli di riposo, mi ha permesso di essere lentamente incluso e ciò ha reso possibile quello che era il mio intento, raggiungere una sorta di familiarità che mi facesse diventare invisibile.

Ed essere invisibile è sicuramente una condizione necessaria affinché un racconto fotografico possa essere sviluppato in sintonia, alla giusta distanza, senza situazioni posate ed essere quindi raccontato con sincerità. 

 

L'Orto Torto non è solo un perimetro di terreno, ma è un percorso affinché le persone che lo frequentano, spesso con difficoltà psicologiche, relazionali e fisiche, abbiano una seconda possibilità e se queste foto potranno contribuire a far conoscere questa realtà silenziosa ma importantissima, ricambierei almeno in parte la grande lezione di vita che ho imparato con loro.